Una strategia di sufficienza ridurrebbe del 50% la domanda di energia, dice un paper
;È l’esito di uno studio pubblicato da Nature Communications, che sostiene che la sufficienza energetica ci permettere di intraprendere un percorso compatibile con l’obiettivo degli 1,5°C
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Abbiamo ormai superato la soglia di 1,5°C? Supereremo anche quella dei 2°C? Secondo il celebre climatologo James Hansen sì. Ma Hansen è considerato molto pessimista: ci sono anche scienziati che ritengono ancora possibile rispettare l’Accordo di Parigi e non oltrepassare il grado e mezzo.
A tal proposito, un team di ricerca europeo composto da scienziati francesi, tedeschi, belgi, ungheresi, italiani e britannici, ha pubblicato su Nature Communications uno studio secondo il quale sarebbe possibile ridurre la domanda finale di energia del 50% in UE rispetto al 2019 in gran parte grazie a misure di sufficienza energetica. E questo ci permetterebbe di intraprendere un percorso di riduzione delle emissioni compatibile con la soglia degli 1,5°C.
A quasi un anno dalla redazione del Manifesto per una strategia di sufficienza energetica, firmato da diverse realtà tra le quali ènostra, siamo tornati a parlare del tema a Il giusto clima, con uno degli autori della ricerca: Lorenzo Pagliano, professore ordinario di fisica tecnica ambientale al Politecnico di Milano e coordinatore del gruppo di ricerca sull’efficienza degli usi finali di energia al Dipartimento DASTU del Politecnico.
Professor Pagliano, di che misure stiamo parlando? Che cosa si intende per sufficienza energetica?
Possiamo citare la definizione utilizzata dall’IPCC. Si tratta di un insieme di misure pubbliche e di pratiche individuali per prevenire la domanda di energia, di materiali, di occupazione di suolo, di acqua, con l’obiettivo di fornire benessere a tutti, quindi garantire equità entro i limiti planetari.
Non sono politiche di restrizione delle libertà individuali o di sacrificio. Al contrario si tratta di consentire alle persone di accedere ai servizi in maniera meno impattante, spesso con grandi benefici anche individuali. Ad esempio quando si migliorano le infrastrutture fisiche come le piste ciclabili o i trasporti pubblici, permettendo di ridurre l’uso dell’auto.
Ci fa un esempio concreto di politica di sufficienza energetica?
C’è un’iniziativa in corso in Giappone ormai da 15 anni, il Cool Biz, attraverso la quale il governo promuove l’informalità dell’abbigliamento negli uffici pubblici, al fine di ridurre l’impatto dei condizionatori d’estate.
Si raccomanda una temperatura di 28 gradi e un abbigliamento leggero, sconsigliando la giacca e la cravatta: la cosa sta funzionando perfettamente ed è stata adottata anche nel settore privato.
Nell’articolo voi insistete molto sull’equità: in che modo la strategia di sufficienza energetica è anche più attenta agli impatti sociali delle politiche ambientali?
Pensiamo ad esempio al raggiungimento di 42 mq a persona come superficie media residenziale pro capite, obiettivo del nostro scenario CLEVER, almeno due volte superiore agli standard minimi di vita dignitosa raccomandati. Ci sono paesi in cui si è oltre e paesi in cui la media è inferiore. La nostra ipotesi è che i paesi europei convergano intorno ai 42 mq, cosa che beneficerebbe la popolazione sia per l’impatto ambientale sia in termini di equità.
Voi scrivete che una bassa domanda di energia si traduce in un sistema energetico più piccolo. Quindi anche la domanda di energia da fonti rinnovabili è più bassa?
L’idea alla base è che siccome abbiamo poco tempo, dobbiamo lavorare con ciò che è già pronto e funzionante oggi: prima di tutto sufficienza, poi efficienza e poi rinnovabili.
La riduzione del 50% della domanda di energia implica che tutta l’infrastruttura, anche quella rinnovabile di trasporto e di accumulo, sia più piccola rispetto agli scenari più noti, come quello del JRC ad esempio. Un sistema energetico ridotto richiede meno materiale, meno acqua, meno territorio: probabilmente sarebbe anche la strada giusta per rendere le rinnovabili più facilmente accettate.
In questo modo sarebbe possibile realizzare lo scenario 100% rinnovabili in tutta Europa, con un certo livello di interconnessione tra i paesi in modo tale che gli scambi di energia elettrica, e in parte di idrogeno per gli usi che lo richiedono, riducano a quasi zero le necessità di importazioni.
Secondo lei il discorso sulla sufficienza energetica si sta diffondendo?
Probabilmente più di quanto non sembri. Nello studio abbiamo utilizzato i risultati delle Assemblee dei Cittadini francesi, che vedevano coinvolte 100 persone estratte a sorte e che hanno prodotto decide di proposte di misure ambientali, poi trasferite al Parlamento e al governo.
Quello che è emerso con forza è che la stragrande maggioranza delle misure proposte dai cittadini erano politiche di sufficienza energetica: dalla richiesta di un turismo diverso, più attento al territorio, alla ciclabilità. Ciò a dimostrazione del fatto che non sono politiche impopolari, anzi.
Ad esempio, la realizzazione dell’autostrada ciclabile a Parigi Réseau Express Vélo da 1400 km, che ha raddoppiato il numero i ciclisti in un anno. Oppure anche la pedonalizzazione delle rive della Senna: nessuno tornerebbe indietro, è diventata la spiaggia della città.
Quindi queste misure sono spesso volute dal basso e sarebbe importante che venisse data loro adeguata visibilità, anche per spronare la politica ad adottarle senza avere timore della perdita di consensi.
Ascolta l’intervista completa QUI a minuto 17.40