Tra i trend sui quali è necessario un deciso cambio di passo: sussidi pubblici ai combustibili fossili, tasso di deforestazione, finanza per il clima, infrastrutture per il trasporto pubblico
Il tasso di vendita delle auto elettriche è l’unico tra 42 indicatori valutati a registrare un trend in linea con gli obiettivi di mitigazione del riscaldamento globale. È quanto emerge dal report The State of Climate Action 2023, che mostra che tutti i settori a livello mondiale sono in grave ritardo nel processo di decarbonizzazione e che il ritmo della transizione deve accelerare enormemente per limitare l’aumento delle temperature medie globali a 1,5 gradi.
Pubblicato il 14 novembre dalla piattaforma System Change Lab, un’iniziativa collaborativa tra Climate Action Tracker, Fondazione Bezos Earth, ClimateWorksFoundation, World Resources Institute e i High-Level Champions sul cambiamento climatico dell’ONU, questo studio offrirebbe “la tabella di marcia più completa al mondo su come colmare il divario globale nell’azione per il clima in tutti i settori”.
A poche settimane dalla COP28 di Dubai, la pubblicazione ha l’obiettivo di informare i governi in vista del primo Global Stocktake, la prima revisione degli NDC – National Determined Contribution, i piani elaborati dalle nazioni per ottemperare ai target dell’Accordo di Parigi del 2015. Traducendo gli obiettivi in misure specifiche che riguardano tutti i settori – industria, elettricità, trasporti, foreste, agricoltura… – The State of Climate Action traccia un quadro caratterizzato da pesante inerzia: 41 indicatori su 42 sono in ritardo.
30 indicatori in ritardo
Nello specifico, sei indicatori procedono nella giusta direzione ma a un ritmo non abbastanza elevato. Tra questi la produzione di elettricità da eolico e fotovoltaico, che è aumentata di una media annuale del 14% negli ultimi anni, dovrebbe salire al 24% per raggiungere i target del 2030. Seguono un andamento positivo ma non abbastanza incalzante anche i trend di riforestazione e produttività della carne, che dovrebbero raddoppiare in velocità.
Ben 24 indicatori avanzano a ritmi “molto più lenti del necessario”. La percentuale di carbone nella generazione di elettricità dovrebbe ridursi a una velocità sette volte più elevata: per raggiungere i target bisognerebbe assistere alla chiusura di 240 centrali a carbone ogni anno da qui al 2030.
Anche la finanza globale per il clima procede troppo lentamente, con cifre che dovrebbero ottuplicare. Il numero di km di piste ciclabili ogni 1.000 abitanti dovrebbe decuplicare, il consumo di carne ridursi di otto volte. Le infrastrutture dei trasporti pubblici nel mondo andrebbero sviluppate sei volte più velocemente, costruendo l’equivalente di tre volte la rete di metro, tram e bus di New York ogni anno fino alla fine di questa decade.
11 indicatori in direzione sbagliata o senza dati
Finora si è parlato degli indicatori che stanno andando nella giusta direzione ma troppo a rilento. Ce ne sono sei che invece necessiterebbero di una brusca inversione a U perché hanno trend in peggioramento. Innanzitutto, la quota di finanziamenti pubblici ai combustibili fossili, che è quasi raddoppiata nel 2021 rispetto al 2020, raggiungendo i livelli più alti mai visti in questo decennio. Una tendenza altrettanto preoccupante è quella registrata dalla deforestazione, che è aumentata da 5,4 milioni di ettari nel 2021 a 5,8 nel 2022: la perdita è equivalente a un’area dell’ampiezza della Croazia ogni anno: 15 campi da calcio al minuto.
Ci sono cinque indicatori di cui non ci sono abbastanza dati per poter valutare, tra cui le ristrutturazioni degli edifici, la percentuale di edifici costruiti con tecniche zero-carbon e lo spreco di cibo.
Segnali positivi a cui aggrapparsi
L’unico dei 42 indicatori a presentare una crescita sostenuta e in linea con i target climatici è la percentuale di vendita dei veicoli elettrici, che è triplicata rispetto al 2020. Tra le altre notizie incoraggianti, la diffusione di camion elettrici e il numero di Paesi che hanno introdotto l’obbligo di disclosures sulle informazioni climatiche, che nel 2022 è passato da cinque a 35 nazioni.
“Anche se la finestra di possibilità per limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi si sta restringendo”, si legge nel report, “raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è ancora tecnicamente possibile”. Difficile non perdere la speranza dopo la pubblicazione giusto qualche settimana fa dello studio del celebre climatologo James Hansen e colleghi, che avvertiva del superamento di questa soglia entro il 2030 se non verranno intrapresi provvedimenti radicali, col rischio di giungere addirittura a 2 gradi ben prima del 2050.
Ma, alle porte di quella che si annuncia come una difficilissima COP, il rischio di focalizzarci sul grado e mezzo è che si perda la volontà di agire, rassegnandosi all’idea di non essere in grado di raggiungere questo obiettivo. E invece, come ha affermato la scienziata Elena Verdolini alla pubblicazione dell’ultimo Rapporto di Sintesi dell’IPCC, “Ogni riduzione dell’aumento della temperatura è cruciale, anche se questa soglia verrà superata”, perché eviterà ulteriori estinzioni, aumenti di eventi estremi e effetti gravissimi sui nostri territori.
Comments are closed.