Dal 3 luglio in tutta Europa non potranno più essere immessi sul mercato prodotti in plastica monouso. Siamo pronti?
Secondo la direttiva UE 2019/904 Single Use Plastic (SUP), tra una decina di giorni sarà vietata la vendita di cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, palette, bastoncini per palloncini realizzati in plastica, nonché alcuni contenitori alimentari in polistirolo espanso. Il 31 maggio la Commissione ha approvato le linee guida per l’entrata in vigore del bando dal 3 luglio. In queste linee guida, è stato inserito anche l’obbligo (non previsto nella direttiva) di ridurre i consumi di piatti, bicchieri e imballaggi di carta realizzati con polimeri plastici biodegradabili e/o a base biologica, che nella Direttiva sono considerate plastica a tutti gli effetti.
Secondo l’Unione Europea la riduzione dell’uso della plastica monouso aiuta a proteggere la salute delle persone e del pianeta. In particolare, sono anni che si parla di plastica in mare e del suo effetto sugli organismi marini e non solo. Ci si è finalmente accorti che la plastica, che usiamo in maniera indiscriminata tutti i giorni, finisce prima o poi nel mare e, visto che galleggia, forma delle isole grandi quanto intere nazioni. Non solo, la microplastica derivante dalla frantumazione degli oggetti in plastica o contenuta in alcuni prodotti di uso comune, come ad esempio molti cosmetici, finisce direttamente nei tessuti di molti organismi marini.
Ogni anno finiscono nel mare, in tutto il mondo, 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici: boe, reti, sacchetti, bottiglie. Gli oceanografi stimano che il 70% si depositi sui fondali, mentre il 30% rimane in superficie dove le correnti formano grandi isole.
Da recenti studi, questi frammenti di plastica, di grandezza infinitesimale (microplastiche), sono stati rilevati nel 73% dei pesci mesopelagici (cioè quelli che vivono tra i 200 e i mille metri di profondità) dell’oceano Atlantico nordoccidentale. Per gli scienziati si tratta di livelli tra i più alti al mondo finora registrati.
Le regole introdotte dall’Unione Europea, che l’Italia deve recepire a partire dal 3 luglio, rientrano tra gli obiettivi del Green Deal europeo per proteggere e ripristinare il nostro ambiente naturale, stimolando al contempo le imprese a innovare le loro produzioni.
Ma in Italia, come spesso accade, non siamo pronti.
Il nostro Paese è il primo produttore di plastica in Europa, e interrompere la produzione degli oggetti monouso porterebbe a un impatto significativo a livello industriale e occupazionale. Peccato che i nostri industriali, che oggi si lamentano e chiedono misure straordinarie, abbiano avuto tre anni di tempo per adeguarsi. Forse sarebbe giunto il momento che anche l’industria nazionale sia in grado di adottare una visione di lungo periodo e non pensi solamente ai profitti immediati.
Per tutelare davvero l’ecosistema – sostiene Giuseppe Ungherese responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia in un’intervista per Linkiensta – è necessario un cambio radicale di prospettiva: “Bisogna disaccoppiare la crescita economica dalla crescita nel consumo di materie prime. Un materiale come la carta, percepito come eco-friendly, lo è fino a un certo punto: per produrla servono comunque gli alberi delle nostre foreste”.
Va comunque ricordato che gli oggetti di plastica monouso confezionati prima dell’entrata in vigore della Direttiva potranno restare sugli scaffali, fino all’esaurimento delle scorte.
Comments are closed.