Gli effetti del cambiamento climatico sono devastanti, ma nel concreto di che cosa mi devo preoccupare? Che cosa devo fare in quanto padre? Daniele Scaglione parte da questi interrogativi per scrivere Più idioti dei dinosauri, un racconto divertente ed efficace, che riporta i numerosi studi scientifici alla dimensione concreta della quotidianità
Scioglimento dei ghiacciai, aumento della temperatura, collasso degli ecosistemi: gli effetti del cambiamento climatico sono devastanti, ma nel concreto di che cosa mi devo preoccupare? Che cosa succederà nel mondo in cui vivrà mio figlio? Da qui parte Daniele Scaglione, fisico di formazione e formatore di professione, nel libro Più idioti dei dinosauri (edizioni e/o 2022), con l’intenzione di riportare i numerosi studi scientifici sulla crisi climatica alla dimensione concreta della quotidianità. Dove vivrà mio figlio Cosimo tra 30, 40 o 50 anni? Di che cosa si nutrirà? Potrà andare in vacanza? Come si sposterà? L’autore cerca di immaginarsi il futuro del figlio con la più vivida concretezza ma senza fare leva sulla paura e tentando piuttosto di stimolare al realismo. Un’operazione di comunicazione efficace sul cambiamento climatico, che attraverso un racconto ironico e leggero ci fa visualizzare quelle percentuali e quegli scenari tanto difficili da rappresentarsi nella realtà di tutti i giorni, facendoci capire che sì, ci riguarda eccome e non è il caso di stare fermi a guardare.
Daniele, qual è l’intenzione di questo libro?
Tutto parte dalla mia esperienza di padre, consapevole di stare lasciando a mio figlio gli effetti peggiori del riscaldamento globale. L’interrogativo che mi ha mosso è ampio e complesso: “che cosa devo fare in quanto padre?”. L’intento però era anche quello di scrivere qualcosa di diverso da ciò che normalmente viene proposto. I libri di divulgazione scientifica sono numerosi e validissimi, quindi volevo cercare un registro diverso, per rivolgermi a chi per indifferenza o disinteresse non si è mai preoccupato della questione perché pensa che non lo riguardi.
Davvero siamo “Più idioti dei dinosauri”?
La parola “idiota” ha radici ben precise e si riferisce a chi non vede al di là del proprio naso. Già nell’antica Grecia, l’idiota era l’antitesi del personaggio pubblico in grado di avere una visione lungimirante e ampia. Proprio come facevano i dinosauri, l’idiota pensa alla sua immediata sopravvivenza. Ma nonostante questo i dinosauri sono vissuti milioni di anni e quando si sono estinti non era neanche colpa loro. Noi, invece, dopo neanche 300 mila anni di esistenza in quanto specie stiamo già rischiando di scomparire per colpa nostra! Secondo me l’idiozia degli umani è legata all’esperienza quotidiana, all’abitudine. Ad esempio, sto organizzando la festa di compleanno di mio figlio Cosimo in un giardino e spero fortemente che quel giorno non piova: visto che viviamo in un periodo di gravissima siccità, questo è un esempio di idiozia che fa riflettere sul fatto che spesso abbiamo punti di vista o comportamenti che, per quanto magari non cattivi o condannabili, sono sbagliati, idioti, legati all’inerzia. In questo i giovani ci aiutano, non perché siano per forza più buoni o bravi di noi, ma perché hanno una visione diversa, meno ingessata nei vecchi schemi, e questo ci aiuta.
C’è un episodio particolare che hai vissuto con tuo figlio che ti ha interrogato e spinto a dedicarti a questo libro?
Penso alle zanzare! È con questo argomento che inizia il libro, perché le zanzare colpiscono moltissimo me e mio figlio e purtroppo possiamo aspettarci un loro aumento progressivo negli anni. Mi sono chiesto come sarà il Nord Italia, dove attualmente vivo, quando mio figlio sarà adulto: si ritroverà le zanzare anche a Natale? Dovrà vigilare sul sonno dei suoi figli per proteggerli ogni giorno dell’anno? Dovrà sempre coprirsi con vestiti lunghi? Le zanzare torneranno ad essere aggressive come lo erano all’inizio del secolo scorso, portando anche pericolose malattie? Mi sono quindi figurato i guai che dovrà vivere Cosimo quando sarà adulto, sotto questo e moltissimi altri aspetti.
Ad esempio?
Mi sono chiesto dove andrà a studiare. Se magari andrà a Torino o a Milano, saranno ancora città vivibili? O il caldo renderà impossibile stare all’aria aperta? Che alimenti saranno disponibili? Potrà andare a Venezia? Forse sì, ma con qualche difficoltà, visto che probabilmente sarà diventata una città a numero chiuso per via dell’acqua alta. E potrà visitare il Parco di Yellowstone dove ho sempre voluto portarlo? O sarà inesplorabile a causa delle alluvioni, che vediamo già verificarsi oggi rendendo il parco inaccessibile?
La tua professione di formatore ha influenzato l’approccio adottato nel libro?
Assolutamente sì. Nel mio lavoro si cerca di prendere dei concetti complicati per renderli semplici, partendo da cose concrete che le persone vivono nella loro quotidianità. Quindi, l’approccio che ho adottato è diverso da quello della divulgazione classica di saperi. Al tempo stesso, sono fisico di formazione e quindi nutro grande rispetto dei dati e dei fatti. All’approccio concreto basato sulla quotidianità ho quindi unito l’essenzialità della scienza, la sua capacità di andare dritto al nocciolo delle questioni.
Secondo te, la comunicazione sul cambiamento climatico è efficace?
A mio avviso, la comunicazione sul cambiamento climatico è fondamentale su due livelli: da un lato dovrebbe diffondere consapevolezza e conoscenza, dall’altro dovrebbe stimolare all’azione collettiva. Se possiamo dire che sia stata raggiunta un’efficacia sul primo livello, vista la netta crescita delle persone consapevoli, sul secondo siamo più indietro: le politiche sono troppo deboli e prevale ancora la spinta ad agire sul mero piano individuale. Per esempio, posso passare a ènostra (che è citata anche nel libro!, ndr) ed è una scelta personale che posso prendere per dare il mio contributo. Ma questo, oggi, per quanto un ottimo passo avanti, non è sufficiente. Devo anche fare mio il messaggio di ènostra e cooperare con gli altri, agire insieme, avanzare richieste ai politici e ai gruppi economici: questo è quello che manca ancora e su cui i giovani hanno da insegnarci.
-Intervista di Marianna Usuelli-
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