Parlamento e Consiglio dell’EU si sono accordati sul nuovo target di rinnovabili al 2030, 42,5%, il doppio dell’attuale mix europeo. Identificati anche sotto-obiettivi settoriali, dai trasporti, all’industria e edilizia.
Consiglio e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico sulla nuova legge sulle rinnovabili: il target dovrà salire al 42,5% sul consumo totale dell’energia entro il 2030. Ogni Stato membro dovrà contribuire a questo obiettivo comune e potrà decidere di integrarlo con “un’ulteriore maggiorazione indicativa del 2,5% che consentirebbe di raggiungere il 45%”.
Attualmente, secondo Eurostat le rinnovabili coprono il 22,1% del mix energetico: con il nuovo target si raddoppierebbe la quota e si aggiornerebbe l’obiettivo stabilito dalla direttiva sulle rinnovabili in vigore dal dicembre 2018, che fissava al 32% la quota rinnovabile sul consumo totale di energia dell’UE entro il 2030.
Un importante passo avanti che chiude i negoziati sui principali elementi del pacchetto clima dell’UE Fit for 55, presentato nel luglio 2021, che mira a raggiungere una riduzione netta del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.
Prima di diventare legge, l’accordo politico deve essere formalmente ratificato dalle due istituzioni europee (Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE, che rappresenta i 27 Paesi membri). La quota del 42,5% è frutto del compromesso tra Danimarca, Germania e Spagna che spingevano per il 45%, e Polonia, sostenuta da altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, che chiedeva di mantenere l’obiettivo al 40%.
Sotto-obiettivi settoriali
In primo piano vi è lo snellimento delle procedure di autorizzazione per i nuovi impianti. “Gli Stati membri creeranno aree di accelerazione delle energie rinnovabili in cui i progetti saranno sottoposti a un processo semplificato e rapido di rilascio dei permessi”, si legge nella comunicazione del Consiglio dell’UE. Inoltre, si parla della diffusione delle energie rinnovabili come di “interesse pubblico prevalente”, cosa che limiterebbe i motivi di obiezione legale alle nuove installazioni.
Per quanto riguarda il settore dei trasporti, l’accordo provvisorio offre agli Stati membri la possibilità di scegliere tra due target entro il 2030: o riducono del 14,5% l’intensità dei gas serra – il rapporto tra emissioni e output economico – del settore, oppure almeno il 29% dei consumi energetici dei trasporti deve provenire da fonti rinnovabili. Secondo Euractiv, la presenza delle due alternative è stata “una concessione a Paesi come la Francia, che ha un mix di elettricità a basse emissioni grazie alla sua flotta di 56 reattori nucleari”. Infatti prima dell’accordo i Paesi discutevano sull’eventualità di considerare l’idrogeno prodotto tramite energia elettrica da nucleare alla stregua del trasporto elettrico da fonti rinnovabili. Alla fine l’idrogeno da nucleare è stato definito “a basse emissioni” e non “green”, ma consentendo per i trasporti le due opzioni sopracitate.
L’accordo prevede che l’industria aumenti il suo utilizzo di rinnovabili ad un ritmo di 1,6% annuo, ma non si tratta di un obiettivo vincolante. Per il settore edilizio, responsabile di circa un terzo delle emissioni europee, è stato fissato un target di almeno il 49% di energia rinnovabile negli edifici entro il 2030. Anche qui si individua un ritmo annuo di accelerazione delle rinnovabili, questa volta vincolante, in particolare per il riscaldamento e il raffreddamento, che deve attestarsi a 0,8% fino al 2026 per poi salire a 1,1% fino al 2030.
Marianna Usuelli
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