Circola in questi giorni la bozza del cosiddetto “Decreto Sostegni” che tra i vari provvedimenti prevede alcune misure contro il caro energia.
Le azioni che il Governo sembra voglia intraprendere, preannunciate dal ministro Cingolani durante la sua audizione in Senato, si riassumono in due provvedimenti: penalizzare le rinnovabili, fotovoltaico primo tra tutti, tagliando gli incentivi previsti da contratti in essere, come il Conto Energia e aumentare la produzione nazionale di gas.
Il provvedimento che attualmente spaventa di più il mondo delle rinnovabili, ma anche degli ambientalisti e dei consumatori, è quello di voler tagliare i cosiddetti extra profitti ai produttori rinnovabili, modificando i contratti in essere che prevedono l’incentivazione dell’energia prodotta.
“Il modo in cui è affrontato il tema degli extra profitti – sostengono Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF – evidenzia uno strabismo contro le rinnovabili. Chi estrae gas e petrolio in Italia sta già intascando enormi extraprofitti, visto che le royalties sono irrisorie. Gli stessi produttori che continuano anche a fare extra-profitti sul gas che estraggono in molte parti del mondo e per i quali non si sono nemmeno considerate misure compensative”.
È arrivato il momento di intaccare gli oltre 12 miliardi di euro di sussidi ai combustibili fossili che è il settore che ci ha portato al disastro in cui ci troviamo, invece di voler ancora una volta operare una riduzione sugli incentivi alle rinnovabili.
Le rinnovabili dovrebbero essere sviluppate massicciamente non solo per attuare la decarbonizzazione, ma anche perché sono la soluzione migliore proprio per contrastare il caro-bolletta. Invece sono ancora ferme al palo: i 400 MW sbloccati dal ministro Cingolani rappresentano appena un 5% di quanto occorrerebbe fare annualmente per conseguire gli obiettivi comunitari al 2030.
L’esecutivo paventa, inoltre, di voler aumentare la produzione di gas a livello nazionale, senza sapere, come osserva Italia Solare, che il prezzo del gas in Europa si forma all’hub olandese ed è ormai condizionato dal prezzo asiatico. Il gas estratto in Italia sarebbe solo una goccia nel mare che automaticamente entrerebbe nel mercato e assumerebbe un valore uguale al resto del gas movimentato (centinaia di miliardi di mc/anno). Difficile che la vendita del gas nazionale si svincoli completamente dalle logiche dei prezzi di mercato internazionali a cui siamo indissolubilmente legati. Un atteggiamento miope che va contro a ogni logica di indipendenza dalle fonti fossili e di decarbonizzazione. Al contrario si dovrebbe puntare subito a realizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili. Come diceva il saggio Albert Einstein, “non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”.
Anche secondo il Think Tank ECCO “espandere la produzione di gas fossile italiano non avrebbe alcun impatto rilevante nel prezzo di mercato del gas e quindi per le bollette di imprese e consumatori. Al contrario, minerebbe la credibilità internazionale dell’Italia sul clima”.
Infine, il grande assente in tutti i discorsi del governo è il risparmio e l’efficienza. A fronte di una crisi energetica, come ricordano gli ambientalisti, si deve rispondere con azioni collettive di risparmio, manca invece completamente una azione pubblica di richiamo al risparmio che sarebbe componente essenziale per fronteggiare una crisi energetica, come attuato nella crisi petrolifera degli anni ‘70.
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