Le 27 isole minori italiane – tra le quali Ischia, Capri, le Eolie, l’isola d’Elba – potrebbero sganciarsi dalle fonti fossili grazie alle loro risorse rinnovabili di sole e vento. Ma il loro fabbisogno è ancora troppo spesso garantito da centrali termoelettriche a gasolio vetuste, con società in regime di monopolio che controllano sia la produzione che la distribuzione.
Sole e vento potrebbero permettere alle isole minori italiane di sganciarsi dalle fonti fossili e rendersi indipendenti dal punto di vista energetico. Ma la convenienza per le società energetiche locali in regime di monopolio, i vincoli paesaggistici troppo rigidi e le procedure di autorizzazione obsolete ostacolano la transizione energetica di questi territori. “Molte delle isole minori italiane hanno un potenziale di soleggiamento e ventosità estremamente promettente, ma i numeri delle installazioni di impianti da fonti rinnovabili sono ancora tra i più bassi a livello nazionale”, afferma Francesco Petracchini, direttore dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico (IIA) del CNR, che insieme a Legambiente ha curato il report di recente pubblicazione Isole Sostenibili 2022. Lo studio ha fatto il punto sulle maggiori problematiche ambientali delle 27 isole minori italiane – tra le quali Ischia, Capri, le Eolie, l’isola d’Elba, l’isola del Giglio e le Tremiti – analizzando lo sviluppo delle FER (fonti di energia rinnovabile), ma anche l’approvvigionamento idrico (la maggior parte delle isole soddisfa ancora il fabbisogno d’acqua grazie a navi cisterna provenienti dalla terraferma), la raccolta differenziata (che è in aumento graduale ovunque, con un picco dell’82% a Sant’Antioco) e la mobilità.
Sviluppo delle FER: ancora lontane dagli obiettivi
“L’obiettivo fissato nel 2017 dal Ministero dello Sviluppo Economico al 31 dicembre 2020 era il raggiungimento di un’installazione complessiva di 11.820 kWp di impianti rinnovabili e 13.850 MWp di solare termico”, spiega Ambra Messina, ricercatrice del CNR, “ma ad oggi siamo ben lontani da quegli obiettivi”. Ad esempio, le Eolie avrebbero dovuto toccare i 2.860 kWp nel 2021, mentre sono ferme a 509 kWp, Pantelleria aveva un target di 2.720 kWp, mentre è ancora a soglia 872 kWp e l’arcipelago delle Pelagie attesta una potenza di 605 kWp rispetto ai programmati 2.310 kWp. Ustica è l’unica tra le 27 isole ad aver superato l’obiettivo prefissato, arrivando a 432 kWp di FER installate, grazie alle quali oggi soddisfa il 12% del suo fabbisogno elettrico. Il fotovoltaico è presente in tutte le isole minori, ma spesso con numeri molto bassi, come ad esempio alle Isole Tremiti (18,4 kWp) e al Giglio (34,7 kWp). Le maggiori installazioni si trovano nelle isole interconnesse con la rete elettrica nazionale, ossia ad Ischia, all’Isola d’Elba e a Sant’Antioco (rispettivamente circa 4.000, 3.700 e 2.000 kWp). Tra le isole non interconnesse, Pantelleria risulta quella con le maggiori installazioni di fotovoltaico, 840 kWp, seguita da Lampedusa e Linosa, 605 kWp. Il microeolico, che prevede impianti di piccole dimensioni adattati al contesto, è presente solo a Pantelleria, Sant’Antioco e Ventotene, con valori di installato rispettivamente di 32 kWp, 55 kWp e 3,16 kWp.
Gli ostacoli alla transizione alle rinnovabili delle isole italiane
Delle 27 isole, 20 risultano non interconnesse alla rete elettrica nazionale (Isole Pelagie, Isole Egadi, Isole Tremiti, Isole Eolie, Ponza, Ventotene, Ustica, Capraia, Isola del Giglio, Gorgona). Come spiega Ambra Messina, “Questo comporta che il fabbisogno di elettricità sia ancora oggi garantito da centrali termoelettriche a gasolio, spesso vetuste e difficili da rifornire, con società che controllano sia la produzione che la distribuzione (in 12 isole troviamo società locali private, su otto isole opera Enel Produzione)”.
Le centrali elettriche di queste isole sono sovradimensionate per far fronte ai picchi di domanda energetica nei periodi estivi e comportano forti impatti ambientali ed economici. Nonostante questo, per ragioni di equità i prezzi dell’elettricità sono equiparati a quelli nazionali. Gli italiani pagano il conguaglio tramite l’addizionale UC4 della bolletta elettrica che ogni anno destina quasi 80 milioni di euro alle isole per compensare i loro costi energetici molto più alti. “Queste sovvenzioni, fortemente vantaggiose per le società locali, contribuiscono a scoraggiare il cambiamento e la transizione verso un’energia pulita”, sostiene il direttore dell’IIA-CNR. Le società elettriche locali, nelle isole in regime di monopolio, non sono quindi motivate a passare alle rinnovabili e a migliorare in efficienza o in emissioni.
Proprio come sulla terraferma, un altro ostacolo alla transizione alle rinnovabili delle isole italiane sono i vincoli autorizzativi e le norme obsolete. Nel report viene riportato l’esempio della Sicilia, dove le autorizzazioni dei cavidotti per le linee elettriche sono ancore legate ad un vecchio Regio Decreto-legge del 1943 che richiede l’acquisizione del parere di 23 enti diversi. Inoltre, in particolare per l’eolico, in Sicilia sono presenti norme disfunzionali: una di queste è quella che riguarda le aree IBA (Important Bird Area), soggette a vincoli perché importanti per la nidificazione e migrazione degli uccelli. “Per ognuna di questa aree bisognerebbe specificare se e su quali porzioni sia necessario porre un vero e proprio vincolo”, afferma Petracchini. “Il Governo però, rendendo queste aree non idonee, ha creato un vincolo e vietato così la costruzione di tutti i tipi di eolico su tutte le isole siciliane, che sono aree IBA per la totalità della loro superficie sia marina che terrestre”. Almeno su questo, la situazione dovrebbe sbloccarsi con il recepimento della direttiva UE 2018/2001 REDII, che prevede l’individuazione delle aree idonee per l’installazione degli impianti (e non più di quelle non idonee), richiedendo per le restanti aree delle valutazioni ad hoc.
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