Discorso sulla caccia: il testo controverso e radicale di Laura Conti

Novità da ènostra   
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23 Ottobre 2023
Altreconomia ha pubblicato la seconda edizione inedita del Discorso sulla caccia scritto nel 1992 dalla madre dell’ambientalismo italiano Laura Conti. Intervista a Luca Giunti, guardiaparco delle Alpi Cozie e autore della prefazione
Una foto scattata da Luca Giunti, guardiaparco delle Alpi Cozie, autore della prefazione ed esperto di lupi.

Laura Conti, partigiana, medico, pioniera dell’ambientalismo italiano, tra le fondatrici della Lega per l’Ambiente – l’attuale Legambiente – nel 1992 ha scritto la seconda edizione del saggio Discorso sulla caccia, subito dopo l’approvazione della nuova legge sulla caccia 157/1992. Altreconomia ha deciso di proporre oggi questo testo inedito, una lunga riflessione sul fenomeno della caccia che passa dall’antropologia dell’homo sapiens all’analisi degli impatti del sistema economico attuale. Scritto poco prima della sua morte, il libro è stato contestato dall’ambientalismo italiano perché letto come difesa della pratica della caccia, quando invece ha costituito prima di tutto una critica del modello produttivista, per la quale Laura Conti è oggi considerata precursore del pensiero della decrescita. Luca Giunti, guardiaparco delle Alpi Cozie, divulgatore e scrittore, è autore della prefazione.

Luca Giunti, come mai questo libro è considerato controverso ed è costato a Laura Conti l’emarginazione dalla Lega per l’Ambiente?

È un libro controverso perché Laura Conti ha osservato che l’impatto reale della caccia sulle componenti faunistiche mondiali – che ha poi declinato sul caso italiano – non è così forte e per certi versi è da considerarsi tollerabile rispetto ad altri impatti, come quello dell’agricoltura intensiva. Laura ha sempre avuto un atteggiamento laico e obiettivo sulle questioni che affrontava e ha assunto di fronte al fenomeno della caccia una posizione critica, non ideologica, con la voglia di comprendere, studiando, analizzando, raccogliendo informazioni. Il risultato della sua analisi, che rilevava un ruolo marginale dell’impatto della caccia rispetto ad agricoltura e allevamento, è il motivo per cui è stata fortemente criticata.

Discorso sulla caccia quindi non è un’apologia della caccia quanto piuttosto una critica radicale dei sistemi intensivi di allevamento e di agricoltura. Era un discorso troppo maturo per l’epoca?

Di certo non si tratta in nessun modo di un’apologia della caccia. Laura ha condotto una comparazione della caccia con altri sistemi con i quali gli umani affrontano il pianeta e paradossalmente emerge che, seppure non sempre giustificabile, la caccia non è il nemico pubblico numero uno del pianeta. Anzi, addirittura la caccia, se condotta in un certo modo, cosa che presuppone educazione e conoscenza, potrebbe diventare sostenibile. Mentre invece l’agricoltura intensiva, l’estrattivismo, l’iperproduzione, il consumismo non sono sostenibili mai.

Laura Conti aveva uno sguardo a 360 gradi sulle problematiche della salute degli umani, degli animali e dell’ambiente. Nei suoi libri, articoli e interventi ai convegni troviamo i semi delle riflessioni sulla sostenibilità o meglio sulla insostenibilità del modello di sviluppo estrattivista di cui oggi siamo tutti molto più consapevoli. Bisogna riconoscere che all’epoca, negli anni ‘80-‘90, queste riflessioni erano originali, se non rivoluzionarie.

Come guardiaparco delle Alpi Cozie, come commenta i tentativi attuali di raccolta firme per vietare la caccia?

Oggi possiamo valutare la caccia come una condotta che dal punto di vista strettamente gestionale può avere una sua utilità e una sua funzione. C’è una legge che la norma, appunto la 157 del 1992, che è la cornice entro la quale la caccia va condotta. Io da guardiaparco devo verificare i comportamenti delle persone e controllare che non commettano infrazioni o reati: questa è la mia posizione, molto semplice. Purtroppo però oggi la caccia viene praticata in maniera scorretta. Pensiamo ad esempio al cinghiale: per molti anni si sono prelevati i capi sbagliati, con un carico eccessivo sugli adulti, che ha comportato una variazione sostanziale della dinamica delle popolazioni portando a delle aberrazioni. E queste sono dinamiche che andrebbero gestite meglio, con più conoscenza.

Diverso è il discorso se, molto legittimamente, si ritiene che dal punto di vista etico, religioso e valoriale la caccia tout court sia sbagliata. E quindi è lecito che chi la pensa in questo modo si batta perché venga posto un divieto. Il giorno in cui si andrà alle urne a votare su questo, anche io mi esprimerò.

Intervista di Marianna Usuelli, andata in onda al Giusto Clima, Radio Popolare, il 18 ottobre 2023.