Il governatore Gavin Newsom e il procuratore generale Rob Bonta hanno annunciato che la California porta in tribunale Exxon Mobil, Shell, Chevron, ConocoPhilips e BP per i danni ambientali e climatici che hanno causato e continuano a causare al paese.
“Per più di 50 anni, le aziende del fossile ci hanno mentito – nascondendo il fatto che sapevano da tempo quanto fossero pericolosi per il nostro pianeta i combustibili fossili che producevano”, ha affermato Gavin Newsom, governatore democratico della California dal 2019.
Sabato 16 settembre, insieme al procuratore generale della California Rob Bonta, Newsom ha annunciato che lo Stato della California ha fatto causa a Exxon Mobil, Shell, Chevron, ConocoPhilips e BP perché per decenni hanno “ingannato l’opinione pubblica e sminuito i rischi” del consumo di fonti fossili pur essendo informate dei danni che avrebbe causato alle persone e all’ambiente.
Consapevoli almeno dagli anni ’60, non hanno divulgato le informazioni. “Invece di mettere in guardia i consumatori, il pubblico e i governi”, si legge nell’azione legale, fin da allora “hanno messo in atto una campagna di disinformazione per screditare il nascente consenso scientifico sul cambiamento climatico; negare la propria conoscenza delle minacce legate al cambiamento climatico; creare dubbi nelle menti dei consumatori, dei media, degli insegnanti, dei politici e del pubblico sulla realtà e sulle conseguenze dell’impatto della combustione dei combustibili fossili; e ritardare la necessaria transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio”.
Con le loro azioni hanno quindi rallentato lo sviluppo di fonti energetiche alternative e aggravato i costi di adattamento e mitigazione. Ancora oggi “continuano a raggirare i consumatori californiani attraverso pubblicità ingannevoli”.
Si dice che la California anticipa il futuro di buona parte del pianeta perché in questo Stato – il più ricco e popoloso degli USA – gli effetti del cambiamento climatico sono particolarmente forti. Nel 2023 gli incendi hanno bruciato 100 mila ettari di territorio, pochi giorni prima che la California sperimentasse l’anomala tempesta tropicale Hilary in un periodo di clima secco. Per non parlare dell’estate con temperature record e dei fenomeni di siccità estrema che si verificano con sempre maggiore intensità.
La causa civile depositata presso la Corte Superiore dello Stato di San Francisco chiede anche la creazione di un fondo finanziato dalle compagnie fossili per pagare i danni degli eventi estremi. “I contribuenti californiani non dovrebbero pagare il conto di miliardi di dollari di danni: incendi che spazzano via intere comunità, fumi tossici che intasano l’aria, ondate di calore mortali, siccità da record che inaridiscono i nostri pozzi”, ha dichiarato Newsom.
Dopo Minnesota, Delaware, New Jersey, Vermont, Connecticut, Rhode Island e Massachusetts, è l’ottava volta che uno Stato degli USA fa causa alle aziende maggiormente responsabili del cambiamento climatico, anche per averne nascosto gli effetti da decenni. Il peso politico della California – che è la maggiore economia subnazionale al mondo e se fosse una nazione sarebbe la quinta per Pil – rende questa causa particolarmente rilevante.
Ma dal 2015 le climate litigations sono esplose ovunque più che raddoppiando in numero: in tutto il mondo sono più di 2.300. Il recente successo dei 16 ragazzi e ragazze che hanno vinto una causa contro lo Stato del Montana, precede di qualche settimana l’inizio di un processo ben più grande, che coinvolge l’intero continente europeo. Il 27 settembre inizierà infatti la causa intentata da sei ragazzi portoghesi che hanno deciso di citare in giudizio i paesi europei per inerzia nelle politiche climatiche di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: potrebbe diventare il contenzioso climatico più importante al mondo.
In Italia, si è giunti ai tribunali tramite l’azione di associazioni e cittadini. Giudizio Universale è la causa del 2021 intentata contro lo Stato italiano per “inadempienza climatica” da parte di più di 200 ricorrenti, tra cui 162 adulti, 17 minori e 24 associazioni impegnate nella giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani.
È invece di quest’anno “La giusta causa”, portata avanti da 12 cittadini e dalle associazioni ReCommon e Greenpeace contro il colosso italiano del fossile Eni, per danni e violazioni dei diritti umani legati ai cambiamenti climatici.
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