La diseguaglianza climatica all’interno dei Paesi è diventata maggiore rispetto a quella tra Paesi. Bisogna agire attraverso una tassazione progressiva sui più ricchi: le conclusioni del Climate Inequality Report 2023
Che i Paesi più ricchi siano anche i maggiori emettitori mondiali di CO2 è cosa nota. Ma le maggiori disparità climatiche oggi non sono più tra i Paesi del Nord e quelli del Sud del mondo, ma tra ricchi e poveri di uno stesso Paese. Lo denuncia il Climate Inequality Report 2023, scritto da Lucas Chancel, Philipp Bothe e Tancrède Voituriez del World Inequality Lab, centro di ricerca co-diretto dal celebre economista Thomas Piketty. “Nei Paesi a basso e medio reddito”, si legge nel report, “il 40% più povero della popolazione subisce perdite di ricchezza dovute agli effetti del cambiamento climatico del 70% in più rispetto alla media“.
Sempre più poveri
Lo studio ha messo in evidenza che, già oggi, molti Paesi del Sud globale sono molto più poveri di quanto non sarebbero stati in assenza del cambiamento climatico. Questa tendenza è destinata a proseguire in futuro, comportando per molti Paesi tropicali e subtropicali perdite di reddito anche superiori all’80%.
Impressionante la mappa qui sopra, dove i ricercatori del World Inequality Lab hanno rappresentato gli effetti regionali del cambiamento climatico sulla produttività agricola nel mondo tra il 1961 a 2015. Diverse regioni a basso reddito stanno affrontando perdite economiche del 30% e oltre, che aggravano la povertà e l’insicurezza alimentare.
L’eliminazione della povertà non è in conflitto con gli obiettivi climatici
La buona notizia è che estirpare la povertà globale non comporterebbe un forte aumento delle emissioni. Il grafico qui sopra, che rappresenta la quota di emissioni aggiuntive in diversi scenari di riduzione della povertà, mostra che portare l’intera popolazione mondiale al di sopra della soglia di povertà di 3,20 dollari al giorno aumenterebbe le attuali emissioni di carbonio di meno del 5%. Il superamento della più ambiziosa soglia di povertà di 5,50 dollari porterebbe a una crescita del 18%: percentuali paragonabili a quanto emesso dall’1% più ricco del globo (barra rossa).
“Recenti ricerche contraddicono l’idea che la fine della povertà globale consumerebbe la maggior parte del budget globale di carbonio rimanente per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”, scrivono Chancel, Bothe e Voiturieznel. I budget di carbonio necessari a sradicare la povertà rimangono relativamente limitati rispetto alle impronte dei principali emettitori globali.
Che fare? Tassare i più ricchi
Le conclusioni del report sono molto chiare: occorre agire sui più ricchi attraverso misure di tassazione progressiva, anche perché lo sforzo marginale per abbassare le emissioni globali è minore per i più abbienti. Il confronto è chiaro nella figura sottostante, nella quale si evince che il 10% più ricco del globo, che emette circa la metà della CO2 globale, possiede il 76% della capacità finanziaria mondiale.
Una delle politiche suggerite dal World Inequality Lab è dagli autori nominata “tassa patrimoniale dell’1,5% per gli 1,5 gradi”: una tassa progressiva sulla ricchezza, applicata ai “centimillionaires” (coloro che possiedono più di 100 milioni di dollari), che secondo lo studio potrebbe facilmente coprire i costi dell’adattamento al cambiamento climatico anche con percentuali molto basse come appunto l’1,5%.
Proprio perché ormai le diseguaglianze più forti sono all’interno dei Paesi ancor più che tra i Paesi, sarebbe importante agire sui sistemi fiscali degli Stati meno sviluppati, nei quali mancano ancora imposte progressive sul reddito da capitale. O ancora, il Climate Inequality Report suggerisce la graduale rimozione dei sussidi ai combustibili fossili.
Le conclusioni dello studio sono coerenti con quanto emerge in una recente ricerca scientifica pubblicata sul Cleaner Production Letter condotta da Stefan Gössling e Andreas Humpe, che sostengono che la crescita della diseguaglianza a livello globale sia incompatibile con il target climatico di 1,5 gradi: “le possibilità di modificare le traiettorie delle emissioni verso lo zero netto nei prossimi 30 anni sono molto limitate se la crescita dei milionari e dei loro modelli di emissione continua”, scrivono nel paper: “sarà quindi fondamentale agire sui grandi emettitori: rimanere entro i limiti di temperatura di 1,5 gradi o di 2,0 gradi è difficile senza affrontare le conseguenze della crescita della ricchezza”.
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