Il fine vita delle turbine eoliche tra riciclo e riutilizzo

Il Giusto Clima   Approfondimenti   
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16 Gennaio 2025

Dal 2025 l’industria eolica europea si impegna a non mandare più in discarica nessuna turbina. Com’è lo stato dell’arte su riciclo e riutilizzo? Intervista a Gian Marco Gioffrè di WindEurope

Da quest’anno entra in vigore l’impegno dell’industria eolica europea a non smaltire più nessuna turbina eolica in discarica. La proposta è stata promossa e firmata con un position paper nel 2021 da WindEurope, associazione europea dell’energia eolica: “ciò contribuirà a dare una marcia in più alla ricerca di soluzioni sostenibili per il riciclo e il riutilizzo delle pale eoliche”, ha detto a Il giusto clima Gian Marco Gioffrè di WindEurope.

Gian Marco Gioffrè, le turbine eoliche sono riciclabili?

Le pale eoliche vivono 20-30 anni, e con piccole modifiche possono arrivare anche a 35 anni. Ad oggi tra l’85% e il 90% delle turbine è facilmente riciclabile perché è fatto di materiali come acciaio, alluminio e rame, che hanno delle pratiche di riciclo consolidate.

La vera questione riguarda la dismissione del rimanente 15%, fatto di materiali compositi – tra cui fibre di carbonio o vetro, resina, legno o PET – che vanno smembrati, per poi recuperarli e riciclarli. Si tratta di materiali termoindurenti, che una volta attaccati tra loro sono difficilmente separabili.

Chiaramente è una sfida che non riguarda solo il settore eolico, anzi lo riguarda in minima parte, coinvolgendo molte altre industrie come quella navale e quella aerospaziale, che utilizzano materiali simili.

Quindi cosa succede quando una turbina deve essere dismessa?

Seguendo un’ottica di sostenibilità, la prima opzione da considerare è il riutilizzo. In Danimarca e Germania questa è una pratica ampiamente consolidata per le pale eoliche: quasi la metà delle turbine dismesse viene infatti riutilizzata in altri mercati.

In inglese queste soluzioni vengono chiamate “repurposing”, nel senso che si dà un altro scopo alla pala, con le opportune modifiche ma senza grandi trattamenti. Ad esempio, le turbine possono essere utilizzate come rastrelliere per le biciclette o diventare parchi giochi. C’è un mercato dinamico e molto creativo di riutilizzo delle pale.

Altri esempi: si mette la pala di traverso e si costruiscono ponti pedonali, oppure si adattano per fare delle panchine, come è successo da noi nell’ufficio dell’associazione.

Un esempio interessante, che sarà probabilmente presentato all’evento annuale di WindEurope a Copenaghen il prossimo aprile è la riconversione della navicella della turbina in mini appartamento, finanziato da Vattenfall, uno dei più grossi sviluppatori di progetti eolici, ed eseguito da Blade-Made.

Al momento la quantità di turbine eoliche da dismettere è ancora molto bassa ma da qui al 2040 arriveremo a circa 100 mila tonnellate di materiali compositi da smaltire, ovvero circa il 10% dei materiali compositi europei. La riconversione delle turbine in altri utilizzi potrà quindi coprire solo una parte di questi volumi.

Qui entra in gioco il riciclo?

Il riciclo dovrebbe essere la seconda opzione, da adottare se la turbina non può essere riutilizzata. E qui la sfida, come dicevamo, riguarda quel 15% di materiali termoindurenti: da un lato per il costo, che oggi è ancora abbastanza alto essendo un’industria giovane, dall’altro lato per la disponibilità industriale. Infatti, anche quando abbiamo le competenze e le tecniche per riciclare al 100% una turbina, spesso mancano le strutture.

Per questo motivo attualmente si opta spesso per il recupero energetico, che è una soluzione intermedia: si prendono le pale che hanno raggiunto il fine vita e si introducono nella filiera del cemento. Il 30% della pala può essere utilizzato come sostituto del combustibile fossile e il restante 70% viene utilizzato come materiale che va a rinforzare il cemento, ad esempio nell’asfalto.

Non è ancora l’opzione ottimale, si stanno cercando soluzioni migliori, come ad esempio l’utilizzo di solventi chimici che aiutino a separare i materiali per poterli riciclare. O anche la macinazione meccanica, che consente di utilizzare le pale come materiali di riempimento.

In Germania il recupero energetico è una pratica ormai consolidata ma la ricerca sul riciclo dei materiali compositi è in forte crescita in tutta Europa, anche per via dell’impegno firmato da WindEurope nel 2021, che ha l’obiettivo di azzerare il conferimento delle pale in discarica a partire da quest’anno.

Queste soluzioni hanno dei costi alti?  

Sì, la questione la questione economica è rilevante. Un punto importante è che i volumi sono ancora molto bassi attualmente, cosa che rende il riciclo ancora molto costoso. Quando i volumi aumenteranno, ciò favorirà economie di scala e i costi si abbasseranno.

È importante sottolineare che quando si ottengono i permessi per la costruzione di un parco eolico, viene richiesto l’accantonamento di un fondo ad hoc per la gestione del fine vita delle turbine. E da quest’anno con l’impegno promosso da WindEurope le aziende europee saranno ancora più inclini a cercare soluzioni di riutilizzo e riciclo.

Vale la pena evidenziare che in ogni modo le pale eoliche non contengono elementi significativi di tossicità: il motivo per cui non vogliamo buttarle in discarica è per non sprecare risorse e favorire un’economia circolare.

L’industria eolica europea è ancora all’avanguardia, oppure è stata scalzata da quella cinese?

Lo stato di salute dell’industria eolica europea è ancora molto buono. In particolare per quanto riguarda il riciclo siamo leader del settore.

È indubbio che la concorrenza cinese è sempre più forte e che la Cina produce pale a prezzi molto vantaggiosi. La Commissione europea ha iniziato una cosiddetta “investigation” per sussidi sleali del governo cinese alle aziende manifatturiere cinesi, che riescono a vendere a prezzi bassissimi perché lautamente sovvenzionate. La questione si risolverebbe avendo un punto di partenza uguale per tutti, altrimenti una concorrenza sleale potrebbe far vacillare l’industria eolica europea.

Ma per il momento la situazione è molto positiva: nel 2024 ci sono stati 10 miliardi di investimenti per la costruzione di 39 fabbriche. Per quanto riguarda l’Italia, a novembre è stata inaugurata una nuova fabbrica del produttore danese Vestas a Taranto, che produrrà turbine da 15 MW per il mercato offshore e darà lavoro a più di 1.300 persone.

Ascolta qui a minuto 17 l’intervista completa andata in onda su Radio Popolare