E ora che non esiste più il PUN?

Il Giusto Clima   Approfondimenti   
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31 Gennaio 2025

Dal 2025 il Prezzo Unico Nazionale dell’energia è stato sostituito dal PUN Index GME: che cos’è e che cosa cambierà? Intervista a Andrea Marchisio di Elemens

Dal primo gennaio 2025 il PUN dell’energia elettrica non esiste più. In base a quanto previsto dal decreto energia del 2024 anche in Italia adesso la formazione del prezzo dell’energia non è più uniforme su base nazionale, ma è un prezzo zonale che dipende dall’orario in cui l’elettricità viene prodotta e messa in rete e dall’area geografica nella quale è stata generata. Ne abbiamo parlato a Il giusto clima con Andrea Marchisio, analista di Elemens.

Andrea Marchisio, che cosa implica questo passaggio da PUN a PUN Index GME?

Il PUN nasce come prezzo unico nazionale per i consumatori nel momento in cui viene liberalizzato il mercato elettrico ed è il prezzo del mercato dell’energia all’ingrosso. Il PUN era stato introdotto per rendere omogenei i prezzi in tutta Italia e non creare grosse disparità.

Dal primo gennaio si applicherà invece il prezzo zonale, tuttavia per non sconvolgere gli equilibri raggiunti in termini di equità, l’autorità per l’energia Arera ha stabilito un nuovo corrispettivo che compensa i prezzi zonali affinché a tutti i consumatori sia applicato lo stesso valore nazionale.

Quindi i consumatori vedranno che con il PUN Index GME sulla bolletta c’è un corrispettivo che abbassa o alza il prezzo zonale affinché si mantenga parità del prezzo dell’energia in tutto il paese. E ciò rimarrà così almeno fino al 31 dicembre del 2025.

Quindi non cambierà niente per le bollette dei consumatori almeno fino al 31 dicembre 2025?

Esatto, e probabilmente anche dopo. Perché applicare i prezzi zonali metterebbe in difficoltà le industrie al Nord, rendendole ancora meno competitive rispetto alle altre europee. Quindi a mio avviso, è difficile che dopo il 31 dicembre 2025 cambi la situazione.

L’applicazione del prezzo zonale anche sui consumatori creerebbe una disparità nelle bollette degli italiani, a favore delle regioni del Sud, ovvero quelle con il più alto potenziale in rinnovabili: Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, ma probabilmente anche Lazio e Campania.

Ma in realtà non viene applicato il prezzo zonale.

Esatto. Se soffia tanto vento nel Sud Italia e la forte produzione eolica abbassa il prezzo dell’elettricità in quella zona, ciò contribuisce ad abbassare il prezzo medio nazionale. Il consumatore in tutta Italia percepisce quindi la riduzione del prezzo solo sulla media nazionale, come già succedeva prima. Il consumatore della zona Sud non percepisce nessun beneficio aggiuntivo.

È legittimo a questo punto chiedersi il motivo di questa riforma: il passaggio da PUN a PUN Index GME è dovuto alla necessità di un adeguamento tecnico al mercato elettrico europeo e agli algoritmi di soluzione dei mercati elettrici che non risultavano più compatibili con il PUN italiano.

Che cosa cambia invece per chi produce energia?

Per i produttori di energia non cambia nulla perché già prima vendevano a prezzo zonale.

Allora perché si dice che questo sistema sia stato adottato per stimolare nuovi investimenti in rinnovabili?

Io direi che in generale lo sviluppo delle rinnovabili nel sistema elettrico conduce a una riduzione dei prezzi.

Ma non credo che il passaggio da PUN a PUN Index GME favorirà particolarmente l’installazione di nuovi impianti rinnovabili. Piuttosto, io credo che in questa nuova fase, da qui al 2030, sarà determinante il ruolo delle aste.

Chi sviluppa un impianto lo paga tutto subito e quindi l’esposizione al prezzo zonale e la conseguente volatilità dei prezzi costituiscono un rischio. La possibilità invece di partecipare ad un’asta e di vendere l’elettricità a un prezzo fisso, seppure talvolta più basso di quello di mercato, potrebbe rappresentare una soluzione appetibile per chi produce energia.

Attraverso il sistema delle aste, chi vende accetta un prezzo più basso (ad esempio 60€/MWh al posto di 120€/MWh) per la sicurezza dell’introito. E di ciò beneficiano molto i consumatori, che compreranno energia a un prezzo più basso.

Quindi più che il passaggio da PUN a PUN Index GME, a rappresentare un beneficio per i consumatori sarà lo sviluppo delle rinnovabili in sé e il conseguente abbassamento dei prezzi.

Intanto le regioni sono impegnate a recepire il decreto sulle aree idonee, di cui abbiamo parlato di recente con Tommaso Barbetti. Come si intersecano le due cose?

Se nelle aree in cui c’è maggiore potenzialità dell’energia fotovoltaica e eolica, quindi al Sud e nelle isole, le aree idonee verranno confinate a poche superfici succederanno due cose. Innanzitutto queste superfici inizieranno a costare molto di più. Inoltre, questo frenerà lo sviluppo delle rinnovabili, che avranno bisogno di introiti più alti proprio a causa dell’elevato costo delle aree.

Per raggiungere gli obiettivi al 2030 non abbiamo bisogno di tappezzare di fotovoltaico tutti i nostri terreni agricoli o di distruggere i paesaggi. Sicuramente è necessaria una forte tutela delle aree più pregiate, però se non si lascia un po’ di spazio allo sviluppo di impianti rinnovabili l’energia è destinata a costarci molto di più.

Ascolta l’intervista, andata in onda nella puntata de Il giusto clima del 22 gennaio su Radio Popolare