Decarbonizzare il sistema elettrico italiano entro il 2035 è possibile – lo studio di ECCO Climate
;L’analisi mostra le caratteristiche che dovrà avere il sistema elettrico italiano decarbonizzato. Tra le politiche necessarie: snellire le autorizzazioni dei nuovi impianti, aumentare la flessibilità della domanda di elettricità, facilitare i PPA, eliminare i sussidi alle fossili
È possibile un sistema elettrico italiano decarbonizzato entro il 2035? Sì, secondo lo studio Politiche per un sistema elettrico italiano decarbonizzato nel 2035 del think tank ECCO Climate, commissionato da Greenpeace, Legambiente e WWF Italia, che individua le politiche, le tecnologie e le misure da sviluppare per rispettare questo target che il nostro Paese ha sottoscritto nel maggio scorso con il G7.
Oltre 400 TWh: è l’elettricità rinnovabile che l’Italia dovrà essere in grado di produrre per raggiungere questo obiettivo, con un ruolo di primo piano assunto dal fotovoltaico. Ciò implica un aumento di 8 volte della capacità totale degli impianti rinnovabili, arrivando a un totale di 250 GW al 2035, passando per 160 GW nel 2030. Il contributo del gas alla produzione elettrica scenderà a 54 TWh nel 2030, per essere poi azzerato nel 2035, mantenendo solamente degli impianti di generazione termici a idrogeno e biometano.
“L’analisi che presentiamo dimostra come, anche in Italia, la transizione energetica verso una base completamente rinnovabile del sistema elettrico sia ampiamente possibile e con tecnologie già disponibili” ha dichiarato Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia.
Le premesse
Lo scenario dipinto da ECCO si basa su alcune premesse fondamentali. Anzitutto, che non venga sviluppato nessun nuovo impianto di CCS (Carbon Capture & Storage, cattura e stoccaggio della CO2), “tecnologia oggi con costi elevati e perdipiù con sinergie con il settore di petrolio e gas destinate a venir meno con il ridimensionamento di tale settore”, si legge nello studio.
Inoltre, ECCO ha imposto come condizione un limite alla quantità di elettricità importata (40 TWh annui), per evitare che l’Italia dipenda troppo dall’estero. Tra le altre premesse, che si conducano importanti investimenti per sviluppare gli accumuli (comprese le batterie), che rivestiranno un ruolo fondamentale anche per il bilanciamento della rete elettrica. Infine, si ipotizza anche un tetto massimo di capacità di generazione elettrica da biomasse, per il miglioramento della qualità dell’aria, e una sufficiente produzione di idrogeno verde per l’industria.
È possibile
Partendo da questi presupposti, lo studio giunge alla conclusione che sia perfettamente possibile uno scenario di sistema elettrico decarbonizzato entro il 2035. Per giungere a 250 GW di potenza, servono al 2030 oltre 90 GW in più di capacità rinnovabile. “La flessibilità avrà un ruolo decisivo su diverse scale temporali (giornaliera, settimanale, stagionale)”, scrivono gli analisti di ECCO, “e richiederà un mix di tecnologie che include import, demand response, accumuli ed elettrolizzatori per successivo utilizzo dell’idrogeno perlopiù in macchine termiche per la riconversione in elettricità”. Il modello elaborato stima 17 GW di batterie installate al 2035.
Quali politiche per raggiungere il target?
Prima di tutto è fondamentale che lo PNIEC – il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, su cui il governo sta lavorando e che dovrà consegnare alla Commissione Europea entro fine giugno 2023 – sia coerente con gli obiettivi di target europeo di rinnovabili e con un monitoraggio efficace.
Per aumentare entro 12 anni di 8 volte la capacità rinnovabile è più urgente che mai snellire le procedure autorizzative degli impianti. Come ha commentato Matteo Leonardi, cofondatore e direttore esecutivo di ECCO, “La mancanza di una governance sul clima, di meccanismi di monitoraggio e correzione delle politiche, a partire dal processo autorizzativo, ha determinato uno sviluppo ridicolo delle rinnovabili negli ultimi anni. Le perdite di tale ritardo sono cifre a nove zeri”.
Per raggiungere l’obiettivo, il flusso di investimenti in infrastrutture fossili deve essere azzerato, incluso l’abbandono del progetto di metanizzazione della Sardegna. Tra le altre misure da attuare, la facilitazione della diffusione dei contratti di lungo termine di commercializzazione dell’energia di nuovi impianti rinnovabili (PPA) e l’eliminazione sussidi fonti fossili.