“2050 – Ritorno al futuro”: un antidoto alla rassegnazione climatica

Novità da ènostra   
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10 Ottobre 2023
Mattia Mascher nel suo nuovo libro 2050 – Ritorno al futuro sprona educatori, giornalisti e insegnanti a comunicare gli esempi positivi del cambiamento per combattere ecoansia e rassegnazione verso il futuro

“Senza rendersene conto e in maniera ostinatamente recidiva, il mondo adulto si sta macchiando di due crimini giganteschi: lo speranzicidio e la cronofagia”, si legge nella seconda di copertina del libro 2050 – Ritorno al futuro (Edizioni San Paolo 2023), scritto da Mattia Mascher, esperto di educazione ambientale, cooperativa e di comunicazione sociale. Mascher introduce questi due neologismi per provare a indagare che cosa sbagliamo nel comunicare la crisi climatica, sostenendo che si è ormai diffusa una cultura pervasiva di rassegnazione nei confronti del futuro, complice dell’inerzia climatica, che va combattuta per infondere speranza nelle nuove generazioni e spronarle all’azione.

Che cos’è la cultura speranzicida di cui parli e chi è responsabile della sua diffusione?

Partiamo dall’ecoansia, problema che è diffuso soprattutto tra i giovani, ma dalle ultime ricerche sembra che ne soffrano anche molti adulti. A dire il vero, ho iniziato a scrivere questo libro proprio perché anch’io ne sono stato vittima. Mettiamo le cose in chiaro: non si tratta di una malattia, ma di una risposta sacrosanta della nostra psiche ad un problema reale, il cambiamento climatico. Una ricerca condotta in collaborazione con l’Università di Bath mette in luce che di 10 mila ragazzi fino ai 25 anni il 75% ha paura del futuro e la metà non pensa di fare figli per questo motivo. Questi dati sono stati il punto di partenza delle mie riflessioni da educatore. Noi insegnanti, educatori, esperti del mondo della comunicazione e dell’informazione stiamo facendo dei danni pazzeschi alle nuove generazioni e a noi stessi perché stiamo veicolando una cultura “speranzicida”, che annega la propensione verso il futuro. Anzi, siamo diventati degli incapaci di futuro.

Secondo te come è nata questa cultura speranzicida?

Da una parte c’è stata una consapevole strategia comunicativa da parte delle aziende del fossile. Ad esempio, il grande climatologo Micheal Mann sostiene che le compagnie dell’oil&gas siano passate da una strategia di aperto negazionismo climatico al doom and gloom, ovvero far passare l’idea che ormai è troppo tardi ed è inutile agire. In realtà, eccome se possiamo fare ancora qualcosa, perché diminuire il riscaldamento climatico anche solo di un decimo di grado potrebbe avere delle conseguenze enormi sulla vita umana sulla terra: nessuna battaglia è perduta, è questo il senso di ciò che dobbiamo sforzarci di passare prima di tutto a noi stessi e poi alle nuove generazioni. Un altro dei colpevoli è il mondo dell’informazione, quello legato al clickbait e alle fake news.

Una delle cose di cui parli nel libro è anche la prevalenza nei media di cattive notizie, che fanno molto più rumore di quelle buone. Riporti la citazione del filosofo Lao Tse: “fa più rumore un albero che cade rispetto a un’intera foresta che cresce”. Perché dobbiamo smettere di leggere cattive notizie?

Non dobbiamo smettere di leggerle, perché dobbiamo interrogarci sui problemi grossi e risolverli. Dobbiamo però tenere presente che le cattive notizie sono quelle che vendono di più perché stimolano maggiormente le nostre emozioni, ci fanno indignare, arrabbiare, spaventare. La nostra amigdala, che è il nostro cervello primitivo, si attiva subito quando c’è un pericolo: di fronte alle cattive notizie siamo psicologicamente portati a soffermarci di più.

Questo purtroppo ha portato, dopo la pandemia, ad un aumento del 25% dei disturbi di ansia tra i ragazzi, e non solo dell’ecoansia. Credo quindi che sia necessario rivoluzionare la nostra dieta informativa e qui mi rivolgo soprattutto ai genitori, agli insegnanti, ma anche ai giornalisti: bisogna cominciare a dare spazio le buone notizie, perché ce ne sono.

Cooperative sociali, associazioni, cittadini, piccoli eroi e piccoli eroine, ma anche imprese che cercano di cambiare il proprio modello di sviluppo: sono tutti attori del cambiamento, un patrimonio meraviglioso che dobbiamo veicolare alle nuove generazioni perché gli esempi positivi possono essere di stimolo per l’azione e ottimo antidoto alla rassegnazione. Quindi viva le good news: facciamo sentire lo smisurato suono che fa la foresta che cresce, perché ce n’è tanta, anche se siamo bombardati di cattive notizie.

Intervista di Marianna Usuelli, andata in onda al Giusto Clima, Radio Popolare, il 20 settembre 2023.