Nell’incontro del G20 Energia e Clima che si è tenuto a Napoli nei giorni scorsi non si sono trovati accordi sul limite dell’aumento di temperatura a 1,5 gradi al 2030 e sull’abbandono del carbone al 2025.
La scorsa settimana si è svolto a Napoli il G20 Energia e Clima sotto la Presidenza italiana che si è concluso con un accordo che vede escluse due voci fondamentali per ridurre la pressione antropica sul clima: Cina e India si sono infatti opposte a inserire nel documento finale il contenimento dell’aumento di temperatura entro 1,5 gradi al 2030 e l’eliminazione del carbone dalla produzione energetica entro il 2025.
Secondo il Ministro Cingolani che presiedeva il summit, “Alcuni paesi volevano andare più rapidamente di quanto concordato a Parigi e limitare le temperature a 1,5 gradi entro un decennio, ma altri, con economie più basate sul carbonio, hanno detto di volersi attenere a quanto concordato a Parigi”.
L’incontro di Napoli avrebbe infatti dovuto rafforzare gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi del 2015, in previsione del vertice delle Nazioni unite sul clima Cop26, che si terrà ai primi di novembre a Glasgow in Scozia. Secondo molti osservatori il fatto di non trovare una accordo su questi punti fondamentali ha segnato una battuta d’arresto anche per un accordo significativo alla COP26. Non sono bastate le conseguenze drammatiche delle inondazioni in Germania e in Cina o le temperature sahariane nel nord del Canada di queste ultime settimane a far comprendere la gravità della situazione e del rischio di non ritorno qualora le condizioni peggiorino ulteriormente.
Non solo, ma l’accordo siglato a Napoli non prevede l’aumento di fondi voluto dall’Europa, per sostenere la transizione verso le energie rinnovabili dei Paesi in via di sviluppo, che resta come cifra ai 100 miliardi di dollari, così come previsto dall’Accordo di Parigi.
Alla fine da Parigi sono passati 6 anni, e i Paesi del G20 non sono riusciti a trovare una posizione comune su un problema che coinvolge tutti. L’egoismo e la difesa di un vecchio modello economico basato sul carbonio di pochi Paesi rischiano di vanificare gli sforzi di chi sta investendo nella transizione energetica.
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