Sulla questione Canone RAI l’incertezza regna sempre più sovrana. L’ultima novità riguarda il parere negativo del Consiglio di Stato sul Decreto del ministero dello Sviluppo che introduce il canone RAI in bolletta. Informazioni poco chiare e incomplete, incertezze sul rispetto della privacy nelle procedure di trasmissione dei dati, campagna informativa inadeguata… Conclusione: il testo va riscritto, e la sentenza suggerisce dettagliatamente come e dover intervenire.
Con la Legge di stabilità per il 2016 sono state introdotte alcune disposizioni concernenti il canone di abbonamento alla televisione (v. Sintesi). In sostanza si è stabilito che il pagamento del Canone avvenga mediante addebito nella bolletta nella casa di residenza anagrafica. Associato alla fattura dell’utenza di energia elettrica, si presume infatti il possesso di un apparecchio ricevente, salvo dichiarare ufficialmente il contrario (v. news Canone RAI, come autocertificare l’esenzione).
Il Consiglio di Stato si è pronunciato negativamente in quanto risulta che l’adozione del decreto non sia avvenuta nel rispetto del termine previsto dalla norma di riferimento e non è stato redatto in concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze come era invece stabilito.
Il Regolamento risulta presentare alcuni profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione e attuazione. In particolare è stata evidenziata la mancanza, nel testo del regolamento, di un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per “apparecchio televisivo” e al fatto che il canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente. Persiste, inoltre, una certa ambiguità sul fatto se sia dovuto il canone per dispositivi quali smartphone e tablet che consentono funzioni di ricezione di programmi televisivi, pur essendo destinati a finalità ed usi strutturalmente differenti.
Sono state rilevate criticità anche il relazione alle procedure di trasmissione e alla tutela della privacy nello scambio di dati e di informazioni fra gli enti coinvolti (Anagrafe tributaria, AEEGSI, Acquirente Unico, Ministero dell’interno, Comuni e alcune società private) per l’addebito e la riscossione del canone di abbonamento.
Ulteriori obiezioni riguardano: la mancanza di chiarezza delle informazioni, l’utilizzo di formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore, l’inadeguata campagna informativa sulle novità in materia.
In definitiva, il decreto è da riscrivere, e nel testo della Sentenza ci sono suggerimenti puntuali su dove e come rivedere la formulazione.
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