REScoop.eu ha analizzato in che modo i Paesi membri stanno utilizzando i fondi dell’UE per le comunità energetiche: l’Italia è sulla buona strada, ma l’attesa del decreto attuativo blocca i progetti
Gli Stati membri stanno utilizzando i fondi europei per sostenere le comunità energetiche? L’analisi condotta dalla Federazione Europea delle Cooperative di Energia Rinnovabile REScoop.eu, insieme a CEE Bankwatch Network e Climate Action Network, ha assegnato il colore rosso a Francia, Germania, Olanda, Irlanda, Bulgaria. Ottimo al contrario il lavoro svolto da Spagna e Lituania. L’Italia si situa nel mezzo, perché nel PNRR ha stanziato dei fondi per lo sviluppo delle comunità energetiche, ma l’attesa infinita del decreto ministeriale che completa il quadro normativo nazionale sulle CER impedisce che si proceda con l’attivazione degli strumenti finanziari.
Il supporto, anche finanziario, allo sviluppo di comunità energetiche è un obbligo per tutti i Paesi europei in quanto previsto nella direttiva sulle rinnovabili REDII. Il Recovery Fund, istituito per la ripresa post pandemica, prevede che il 37% delle risorse stanziate (complessivamente 723,8 miliardi di euro) sia destinato all’azione per il clima compreso lo sviluppo delle rinnovabili, quindi con ampie opportunità di finanziamento per l’avvio delle comunità energetiche.
Dall’analisi di REScoop emerge che Germania, Irlanda e Paesi Bassi non stiano destinando fondi europei alle comunità energetiche, ma in compenso hanno istituito un solido quadro nazionale di sostegno alle CER.
Finora la Spagna è tra i Paesi ad aver svolto meglio il compito: il Piano di ripresa e resilienza per il 40% si concentra sugli obiettivi climatici e si focalizza esplicitamente sulle CER tramite l’assegnazione di fondi al governo centrale, che successivamente li ridistribuisce a tutte le autorità regionali (comunidades autónomas) per fornire sostegno finanziario per la creazione di comunità energetiche in tutto il Paese. Anche la Lituania ha un ottimo piano di gestione dei fondi UE con riferimento alle CER, esplicitamente incluse nella strategia per aumentare la penetrazione delle energie rinnovabili nel mix nazionale.
L’Italia bloccata in attesa del decreto attuativo
La situazione italiana sarebbe anche positiva, visto che la Missione 2 del PNRR stanzia 2,2 miliardi di euro a sostegno delle CER e degli schemi di autoconsumo collettivo, con l’obiettivo di raggiungere una produzione di 2.500 GWh di energia rinnovabile nei comuni con meno di 5 mila abitanti.
Il bando è in fase di preparazione da parte del Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica (MASE) ma il decreto ministeriale, che dovrebbe finalizzare l’attuazione del decreto legislativo 199/2021 e che doveva essere pronto per giugno 2022, è ancora in attesa di approvazione.
Attualmente al vaglio dell’Unione Europea, il blocco del decreto impedisce l’attuazione della specifica misura del PNRR dedicata alle CER, causando incertezza e rischi per i progetti attualmente in corso di sviluppo, che hanno avuto accesso o stanno facendo richiesta per finanziamenti a fondo perduto che coprono fino al 100% dei costi del progetto.
Nell’ambito della Missione 2 del PNRR, hanno invece già avuto attuazione due misure che possono comunque, anche se indirettamente, promuovere e sostenere lo sviluppo di CER: il bando “Isole Verdi”, che ha stanziato 200 milioni di euro per i 13 Comuni delle 19 piccole isole non interconnesse con la rete elettrica nazionale italiana, e il bando Green Communities, che ha stanziato 135 milioni di euro per la creazione di 30 “comunità verdi”, ovvero raggruppamenti di amministrazioni locali che si uniscono e lavorano insieme per attuare piani di sviluppo sostenibile.
L’Italia riceve risorse dall’UE anche nell’ambito dei cosiddetti fondi strutturali (Cohesion and Regional Development Funds). Alcune regioni hanno già avviato iniziative specifiche per le CER le cui risorse provengono (almeno in parte) da questi fondi:
– Lombardia: nel luglio 2022 la regione ha lanciato un bando per la raccolta di progetti preliminari di CER che saranno classificati e successivamente finanziati attraverso uno schema di supporto dedicato che al momento non è ancora stato definito.
– Emilia Romagna: nel dicembre 2022 la regione ha lanciato un bando e ha stanziato 2 milioni di euro per finanziare studi di fattibilità e spese di costituzione legale delle CER. Tra i criteri per definire le graduatorie ci sono: qualità e chiarezza dell’obiettivo specifico e della strategia di implementazione, modello di gestione della CER (produzione, condivisione, gestione economica dello stoccaggio) numero e tipologia di membri, contributo alla neutralità climatica, rapporto costi-benefici.
– Lazio: nel dicembre 2022 la Regione ha lanciato un bando e stanziato 1 milione di euro per finanziare studi di fattibilità tecno-economica per la costituzione di nuove CER. Tra i criteri per definire la graduatoria ci sono: dimensione della CER (numero di membri) e modello organizzativo (tipologie di membri: cittadini, PMI, amministrazioni locali), benefici energetici, benefici sociali.
– Campania: nel dicembre 2022 la regione ha lanciato un bando riservato ai piccoli comuni (<5.000 abitanti) e ha stanziato 1 milione di euro per finanziare studi di fattibilità e spese di costituzione legale delle CER (max 8 mila euro per ogni comune). L’accesso ai fondi si basa sull’ordine cronologico di presentazione delle domande.
– Sicilia: nel giugno 2022 la Regione ha lanciato un bando e ha stanziato 5 milioni di euro per finanziare gli studi di fattibilità e le spese di costituzione legale delle CER. Ogni comune può accedere a un importo proporzionale alla popolazione locale. Un requisito specifico è che almeno il 10% dei membri delle CER sia costituito da consumatori vulnerabili.
– Sardegna: nell’aprile 2023 la Regione ha approvato lo stanziamento di fondi (2 milioni di euro per il 2023 e 2 milioni di euro per il 2024) per finanziare studi di fattibilità tecnico-economica per le comunità energetiche. I fondi sono destinati ai comuni, che possono ricevere fino a 15 mila euro, dando priorità ai comuni non collegati alla rete del gas metano e in secondo luogo a quelli più piccoli.
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