In Germania migliaia di attivisti protestano contro la decisione anacronistica del governo, ancora aggrappato al carbone, di autorizzare lo sgombero del villaggio di Lützerath per far spazio alla miniera di lignite, una delle fonti energetiche più inquinanti che esista.
Il passato, il presente e il futuro in uno scatto. In molti hanno commentato così l’impressionante foto dei giorni scorsi Lützerath, villaggio tedesco in cui da martedì 17 gennaio è iniziato lo sgombero forzato per far spazio all’allargamento della miniera del colosso energetico RWE, con il nullaosta del governo di Scholz.
Sullo sfondo della foto, il futuro: si vedono le turbine eoliche, otto delle quali paradossalmente sono state abbattute per far spazio alla miniera Garzweiler II di lignite, uno dei tipi più inquinanti di carbone. In primo piano, il passato, rappresentato dalla gigante escavatrice di RWE nella miniera, e sul bordo del precipizio, il presente: i manifestanti arrivati da tutta Europa a migliaia per resistere allo sgombero.
Questa lotta è già diventata un simbolo della resistenza contro l’espansione fossile. La foto di Greta Thunberg, che con un’espressione placida in viso viene portata via di peso dalla polizia, ha già fatto il giro del mondo, quasi a ritrarre il futuro inevitabile e necessario che però fatica a farsi spazio in un presente ancora ostinatamente aggrappato alle fonti fossili.
Una zona condannata dal carbone
Lützerath è un piccolo villaggio della Renania, una delle zone più ricche di carbone al mondo e più popolose della Germania. Le proteste degli abitanti e degli attivisti vanno avanti da tanti anni: per scavare la prima miniera di Garzweiler erano già stati spazzati via 11 villaggi e trasferite 30 mila persone.
La conservazione della foresta di Hambach, a pochi chilometri da Lützerath, è stato uno dei successi degli ambientalisti, che dal 2016 hanno iniziato le loro proteste per tutelarla dalle mire estrattiviste del colosso RWE. La foresta millenaria è stata salvata, anche se solo in parte, dopo ben sette anni di resistenza degli attivisti che si sono stabiliti nelle case costruite sugli alberi per impedire che venissero abbattuti.
L’Accordo di Parigi dimenticato
Da un lato c’è un’azienda, RWE, che è la più inquinante d’Europa per emissioni di CO2 e che basa gran parte dei suoi profitti sull’estrazione di carbone. Dall’altro c’è un Paese, la Germania, i cui consumi energetici dipendono ancora per un terzo da questa fonte fossile, che rimane la prima tra le fonti di energia nazionali. RWE influenza potentemente le scelte del governo tedesco, che a poco più di un anno dall’inizio del mandato della coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali, ha messo la firma su uno sgombero che è destinato a simboleggiare il tradimento dell’elettorato ambientalista da parte dell’esecutivo.
I Grünen avevano festeggiato la decisione del governo di anticipare l’abbandono del carbone dal 2038 al 2030. Ma l’espansione della miniera a cielo aperto di Lützerath, una delle più grandi al mondo, causerà l’emissione di 280 milioni di tonnellate di CO2, pari all’anidride carbonica annualmente generata da Spagna e Svezia insieme. In questo modo, la Germania brucerà una quantità di carbone maggiore rispetto a quella che aveva previsto di consumare da qui al 2038. Le conseguenze sul clima sono anche peggiori, e la Germania tradisce così il suo impegno per il rispetto dell’Accordo di Parigi.
Il governo progressista e verde di Scholz per emanciparsi dalla dipendenza del gas russo ha riattivato ben cinque centrali, portando ad un aumento dei consumi di carbone del 13% in un anno.
Impatto sulla salute e complicità delle banche italiane
Non è solo il combustibile fossile più inquinante e che emette maggiori quantità di CO2. Il carbone è anche drammaticamente responsabile della morte di due mila persone all’anno in Renania, come ha raccontato ReCommon nel podcast Omissis di Radio Popolare. L’inquinamento atmosferico derivante dalle centrali provoca danni anche per le donne incinta e “nelle aree colpite i bimbi pesano di meno e nascono più spesso prematuri”.
È ancora più assurdo allora pensare che, oltretutto, le principali banche italiane – Intesa San Paolo e UniCredit – siano complici di questo business: dall’Accordo di Parigi ad oggi, hanno infatti finanziato RWE con due miliardi di euro, denuncia sempre ReCommon.
Elicotteri, cannoni ad acqua, agenti di polizia a piedi e a cavallo ieri hanno iniziato l’operazione di evacuazione del villaggio, autorizzata dal tribunale. Un’operazione che forse permetterà al governo tedesco di tirare un sospiro di sollievo dal giogo russo del gas, ma che in realtà rafforza ancora di più la dipendenza della Germania dal combustibile fossile più inquinante e più dannoso per il clima e la salute della popolazione.
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