Chi conosce il noto marchio di abbigliamento e attrezzature per lo sport Patagonia, sa le battaglie che da sempre quest’impresa “attivista” conduce per la salvaguardia dell’ambiente, sa del suo impegno nel mettere a punto una filiera produttiva sempre più sostenibile e socialmente responsabile e capisce, quindi, che la scelta di associarsi e passare a ènostra è più di un semplice cambio di fornitore elettrico.
Patagonia si è sviluppata in California nel 1972 da una piccola azienda che produceva attrezzature per climber e oggi produce e vende capi di abbigliamento per la montagna, lo sci, lo snowboard, il surf, la pesca a mosca, la canoa e il trail running… il tutto in modo sostenibile: dal 1994 tutti i capi di cotone di Patagonia sono realizzati al 100% con cotone organico, invece che con quello coltivato con uso massiccio di pesticidi. “Siamo convinti – si legge nel loro sito – che la crisi ambientale abbia raggiunto un punto di svolta fondamentale. Se non vengono messe in pratica delle misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, a difendere l’acqua e l’aria pulita e a disinvestire dalle tecnologie “sporche”, l’umanità nel suo complesso distruggerà la capacità di autoriparazione del nostro pianeta. Per noi di Patagonia, proteggere e preservare l’ambiente non è quello che facciamo fuori dall’orario di lavoro. È la ragione di essere della nostra attività e del nostro lavoro quotidiano.”.
Consapevole che la propria attività determina inevitabilmente delle ricadute sull’ambiente, Patagonia lavora constantemente per ridurre questi danni, utilizzando materiali e processi con il minor impatto ambientale possibile. Ma il suo impegno va oltre la ricerca di una produzione ambientalmente compatibile: oltre a sostenere numerose associazioni ambientaliste, destinando loro ogni anno l’1% del ricavato delle vendite, grande è, infatti, lo sforzo profuso per salvare gli habitat naturali.
Uno dei frutti di questo impegno è la recente campagna Blue Heart, lanciata da Patagonia nel marzo scorso, con lo scopo di proteggere gli ultimi fiumi selvaggi d’Europa, minacciati dalla costruzione di grandi impianti idrolettrici. Nella regione balcanica, tra Slovenia e Albania, sono oltre 3.000 le dighe e le derivazioni progettate o in via di costruzione, oltre a quelle già esistenti che sono più di 1.000. Un terzo delle dighe e delle derivazioni verranno realizzate all’interno di aree protette sensibili, tra cui 118 nei parchi nazionali, provocando danni irreversibili ai fiumi, alla fauna selvatica e alle comunità locali. Con un film documentario e una petizione, Patagonia chiede alle banche internazionli e ai costruttori, che stanno finanziando questi progetti con oltre 700 milioni di euro, di smettere di investire nella distruzione del “cuore blu” dell’Europa.
“La lotta della nostra azienda contro il grande idroelettrico – ci dice Stefano Bassi, coordinatore delle iniziative ambientaliste locali – ci ha spinto a condurre delle scelte ben precise, anche per quel che riguarda l’energia utilizzata nei nostri punti vendita, a partire dallo store di Milano. Cercavamo un fornitore di energia rinnovabile, ma anche sostenibile e cioè che fornisse energia proveniente da fonti con un impatto sull’ambiente il più ridotto possibile. Ènostra ci è sembrata l’unica azienda che potesse soddisfare le nostre esigenze, in particolare per la matrice di sostenibilità che viene applicata nella valutazione degli impianti e del profilo dei produttori. Ci ritroviamo in pieno nei criteri etici e cooperativi che la contraddistinguono. E il coinvolgimento diretto dei soci nella vita dell’impresa è un aspetto che ci sta molto a cuore”.
“L’ingresso nella nostra cooperativa di un’impresa come Patagonia” – aggiunge Sara Capuzzo, Vicepresidente di ènostra – rappresenta per noi una conferma importante. Con Stefano ci siamo confrontati sui rispettivi valori, su cosa intendiamo quando parliamo di “sostenibilità”, sulle scelte concrete che favoriscono la transizione energetica e c’è stata subito intesa. Sarà un piacere proseguire insieme questo cammino, cercando di lasciare sul pianeta un’impronta sempre più leggera”.
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